Nuova Serie A, vecchie “polemiche” filosofiche con vecchi e nuovi protagonisti. Il campionato italiano inizia a delineare già i possibili scontri al vertice e le incredibili sorprese di classifica.
Durante l’era Sarri a Napoli era stato coniato il termine “Sarrismo”. Stava ad indicare il gioco veloce, divertente, avvolgente e spettacolare della rosa azzurra comandata (non a caso) da Maurizio Sarri. Il Sarrismo, poi, ha provato a spostarsi in altre zone d’Italia e d’Europa ma, pur vincendo, non si è mai più mostrato nella sua forma assoluta.
L’addio di Sarri ha cambiato i tempi e le ambizioni a Napoli. Fino a questa estate, fino all’arrivo di Luciano Spalletti che, ora, sembra aver ridato nuova verve alla società di Aurelio De Laurentiis e tornata seriamente a combattere per i vertici.
E lo “Spallettismo” a Napoli funziona una meraviglia. In questo inizio di stagione, il Napoli è l’unica squadra imbattuta nei maggiori campionati europei. Gli azzurri hanno vinto in ogni modo: di rimonta, di forza, di qualità e anche con un pizzico di fortuna. L’obiettivo è quello di continuare su questi ritmi, facendo arrivare lo “Spallettismo” allo stesso livello (se non più in alto) del “Sarrismo”.
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Se a Napoli funziona lo “Spallettismo”, ormai a Milano è nata una nuova arte: il “Piolismo”. I rossoneri stanno macinando vittorie su vittorie e ottime prestazioni anche quando il risultato non sorride. In Champions League e in Serie A, il Milan sta dimostrando di essere all’altezza dello Scudetto.
Il simbolo del “Piolismo” è la gara di ieri sera tra Atalanta e Milan. Gioco fluido e rapido, calciatori in costante movimento e con zero punti di riferimento alla difesa dell’Atalanta. Theo Hernandez da mezzala quando si costruiva e Brahim Diaz abbassato sulla sua trequarti quando si difendeva sono solo due delle novità del “Piolismo rossonero”.
Il Milan e milanisti godono con Pioli e con il Milan, con o senza Ibrahimovic. Se poi iniziano a segnare anche Calabria e Tonali con due gol da attaccanti puri, la magia nell’ambiente rossonero diventa realtà e fa intravedere un solo obiettivo: lo Scudetto.
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Si deve vincere e va bene anche di “hortomuso” ma la tradizione della Juventus è molto noiosa, come il suo “Allegrismo”. Con l’avvento del nuovo corso firmato Allegri, si pensava a varie innovazioni anche dei bianconeri. Ma il tecnico toscano, rimasto fermo per due anni, sembra rimasto troppo ancorato alle sue idee.
L’ “Allegrismo” è pesantemente noioso. La Juve gioca male e soffre per 90 minuti. Poi vince, o meglio ha iniziato a farlo da poco, e ai più sta bene così. Non si intravede novità nel gioco, non si intravede divertimento. Le azioni della Juventus sono statiche, così come le idee: palla a Chiesa (o Dybala e Cuadrado) e si prega possa cambiare il risultato.
Noia e tradizione: il calcio della Juventus è rimasto fermo ad alcuni anni fa. Ma è la filosofia di Allegri, che porta avanti strenuamente da moltissimi anni. E allora ritorna il dibattito tra bel gioco e pragmatismo al quale, però, mai si troverà una soluzione corretta.
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